L’incipit di Febbre è una poesia disciolta nel mémoire

È bastato l’incipit per farmi capire che Febbre mi avrebbe divorato. Perché l’esordio di Jonathan Bazzi, oltre a essere una sorta di autoetnografia che tiene insieme le molte identità dell’autore, è caratterizzato da un lirismo molto intenso.

Esplorate l’inizio del romanzo: per ogni frase un’unica riga. Così le emozioni, i sentimenti e le sensazioni provocati dall’evento chiave dell’autobiografia appaiono più vividi e concreti.

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Febbre: Rozzano è Sud sequestrato, incattivito

Febbre, romanzo autobiografico di Jonathan Bazzi, si divide tra due linee temporali: il passato dell’autore a Rozzano e il racconto della sua malattia nel presente.

Jonathan Bazzi è (tra le tante cose) una persona omosessuale, nata e cresciuta in uno di quei centri che affollano l’hinterland di grandi città come Milano e Torino. Sono paesi vicini eppure lontani dalle grandi metropoli, spesso privi di opportunità culturali.

Sono posti dove incarnazioni di stereotipi maschili e femminili affollano le strade e le case popolari.

Penso che molte persone, nate e cresciute ai bordi di questi centri economici, culturali e industriali, colgano delle corrispondenze tra la loro storia e la descrizione che Jonathan Bazzi fa di Rozzano in Febbre.

Eccone un estratto

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