Tre orizzonti mozzafiato dentro due romanzi e un racconto

La descrizione dei paesaggi ha un peso fondamentale nella creazione di un’opera. Senza di essi, i personaggi danno l’impressione di vagare nel vuoto. Tuttavia, scrivere per immagini stereotipate è forse anche peggio. Per esempio, quanti batuffoli di nuvole si annidano in letteratura? E quanti cieli si tingono di rosa al tramonto?

In questo articolo trovate tre orizzonti mozzafiato creati da tre grandi autori statunitensi: un tardo pomeriggio di David Foster Wallace, un’alba di Don DeLillo e un tramonto di John Steinbeck.

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Furore: tempeste di polvere ed esodo dal South West

Furore, il capolavoro di John Steinbeck, racconta l’esodo a ovest di migliaia di mezzadri dal South West degli Stati Uniti verso la California, per lavorare come braccianti.

Sono gli anni Trenta, caratterizzati dalla Grande Depressione, dai trattori che sfrattano i contadini dai terreni che coltivano da decenni in regime di mezzadria e dalle tempeste di polvere, che rovinano i raccolti e rendono la terra non coltivabile.

Il romanzo è strutturato su due livelli. I capitoli dispari, brevi e con uno stile per certi versi epico, hanno come protagonista questa enorme massa di persone sconfitta dalla natura e dalla tecnologia che si sposta a ovest. I capitoli pari seguono invece le vicende di una specifica famiglia, i Joad, da quando abbandona i suoi acri di terreno in Oklahoma all’arrivo in California.

In questo articolo vi propongo il capitolo introduttivo di Furore, che mostra i campi del South West devastati dalle tempeste di polvere.

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Ruggine Americana e la desolazione del Midwest

Ruggine Americana è il romanzo d’esordio di Philipp Meyer (una persona fuori dal comune) e parla di una fuga. Isaac, il più intelligente della città, e il suo amico Poe decidono di abbandonare Buell, un’immaginaria città decadente del Midwest. Tuttavia il loro viaggio si inceppa subito di fronte a un grosso ostacolo.

Il libro di Meyer parla di una generazione devastata dalla crisi (e la fine) dell’industria in questa regione degli Stati Uniti. Una prima protagonista infatti è l’acciaieria, chiusa nel 1987. Quindi il viaggio a ovest più che la ricerca di un sogno per Isaac si configura come la fuga da un incubo.

In questo senso, l’incipit prepara fin da subito il senso di desolazione che porta Isaac ad andarsene.

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L’incipit di A Sangue Freddo

A Sangue Freddo, di Truman Capote, è il racconto del massacro della famiglia Clutter, avvenuto a Holcomb in Kansas il 14 novembre del 1959. Questo libro è importante perché è considerato tra i primi se non il primo esempio di non-fiction, etichetta gigante che identifica le opere dedicate al racconto scientificamente accurato di fatti realmente accaduti

Non solo, questo romanzo è un sentiero alla ricerca delle cause che portano due ragazzi a sterminare quattro persone innocenti. Addentrandosi nel testo è impossibile non empatizzare con i due assassini, Dick e Perry, soprattutto con il secondo dei due.

Ma partire dall’inizio di A Sangue Freddo significa prima di tutto innamorarsi perdutamente della scrittura di Truman Capote. Ecco per esempio il primo paragrafo del libro, un ritratto evocativo della cittadina dove avviene la strage.

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Annientamento: la torre che respira

Annientamento di Jeff VanderMeer, è un libro di fantascienza molto nerd da cui è stato tratto un film mediocre. Quattro scienziate sono in missione in una zona misteriosa e pericolosa e, appena raggiunta l’area X, scendono in una torre che presenta caratteristiche davvero particolari.

La protagonista e narratrice, una biologa, è la prima ad accorgersi che in realtà la torre non è ciò che sembra

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3 case cattive nei libri

Può un luogo manifestare una propria volontà? Può una casa essere gentile, accogliente o cattiva e vendicativa, in totale autonomia da chi la abita? Gli spazi mutano in base alle impressioni di chi li osserva, o sono dotati di una propria intenzionalità?

Queste le domande che nelle scorse settimane hanno dominato le mie letture, complice la pandemia che volente o nolente ci ha costretto tutti a casa, riportando il tema dei luoghi che abitiamo, e in particolar modo la casa, al centro dell’immaginario collettivo. L’incubo di Hill House di Shirley Jackson, La casa di foglie di Mark Danielewski, Kill Creek di Scott Thomas, tre romanzi horror scritti rispettivamente nel 1959, nel 2000 e nel 2017, mettono in scena tre case terribili animate da un’umanità fragile e irrequieta, lasciando libero il lettore di trarre le proprie conclusioni.

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