Il terzo libro di 2666: la Parte di Fate

La Parte di Fate è il perno attorno a cui svolta 2666. Sei nei primi due libri (la Parte dei Critici e quella di Amalfitano) si ride molto e si fa una scorpacciata di situazioni surreali, da questo momento in poi la violenza comincia a manifestarsi con forza, mentre prima era solo sussurrata in qualche episodio.

Si continua a ridere molto, ma con un alito di tensione che ci respira alle spalle.

La trama in breve

Oscar Fate è un giornalista afroamericano che, dopo aver intervistato l’ex pantera nera Barry Seaman (che non esiste davvero), si reca a Santa Teresa per coprire un incontro di boxe tra un pugile messicano e uno statunitense. In realtà lui si occupa di cronaca politica, ma il responsabile della sezione è stato appena ammazzato.

Santa Teresa è, come al solito, un luogo folle pieno di folli. Lì Fate assiste all’incontro di boxe, ma soprattutto incontra due uomini, Chucho Flores e Charly Cruz, entrambi appassionati di film. In particolare Cruz ha una catena di noleggio di VHS. Conosce anche due ragazze: Rosa Méndez e Rosa Amalfintano, la figlia del protagonista del primo libro.

Una sera finisce a casa di Charly Cruz, in mezzo al deserto, dove guarda un film porno apocrifo di Robert Rodrìguez e si trova in una situazione davvero pericolosa.

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Il finale di La Morte del Padre

L’ho già scritto da un’altra parte che Knausgard non risparmia nulla di sé al lettore, intrappolandolo per 500 pagine circa nelle sue introspezioni sul senso del vivere. Poi però si viene rilasciati su cauzione (questo romanzo è il primo di sei) con una riflessione folgorante dedicata alla morte.

Vivere/morte: un verbo in cambio di un sostantivo. Tre correlativi oggettivi che riassorbono l’intero viaggio fatto insieme a Karl Ove. Non so se sono d’accordo con lui, non so neanche se ho capito cosa volesse dirci. So soltanto che quell’ultima frase è un’eco che ogni tanto mi ritorna in testa.

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Knausgard, La morte del padre (e la nonna ubriacona)

La morte del padre di Knausgard è un romanzo “spudorato”. L’autore racconta meticolosamente diverse decine di aneddoti su se stesso e la sua famiglia. Molti di questi sono davvero imbarazzanti. Neanche la nonna si salva da questa sorta di sincerità compulsiva. In questo passaggio, mentre l’autore e il fratello puliscono dalla merda (letteralmente) la casa del padre alcolista morto, discutono sul fatto che anche la nonna abbia problemi con il bere. E trovano una soluzione che potrebbe far vincere loro il premio “nipoti dell’anno”.

P.S.: soffermatevi sulle descrizioni nel primo paragrafo. Lo stile è tutto così: faticoso, estenuante, meraviglioso

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Javier Marìas, Un cuore così bianco (L’Artemisia di Rembrandt)

Un cuore così bianco di Marìas mi ha ingannato. Leggendo l’incipit del proiettile ho pensato che fosse una storia molto veloce e intensa. E invece mi sbagliavo: è intensa, certo, ma spesso si perde in contorsioni narrative e divagazioni che mi sono sembrate uno sfoggio di bravura fine a se stesso.

Detto ciò, è un libro necessario anche solo per alcuni passaggi folgoranti: il primo capitolo, la cubana che urla al protagonista affacciato al balcone dell’hotel, il primo incontro con Luisa, Berta e il suo spasimante. Ma il mio preferito è il dialogo tra Ranz, il padre del protagonista, e Mateu, una guardia del Museo Prado che sta provando a bruciare L’Artemisia di Rembrandt. Eccovelo

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Freeman’s, potere: una rivista letteraria

Non sto a spiegarvi chi sia John Freeman’s per due motivi. Il primo (meno importante, razionale) è che non ho ancora studiato la sua biografia, ma è una delle cose che mi sono ripromesso per il futuro prossimo. Il secondo (più importante, esistenziale) è sembra un big jim del Midwest, ma quando parla ti mette al tappeto con la sua sensibilità. In questo articolo voglio semplicemente parlarvi di un numero della sua rivista, che si chiama Freeman’s – potere.

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Ammaniti, Anna: un romanzo distopico ambientato in Sicilia

Anna è l’ultimo romanzo scritto da Niccolò Ammaniti, nel 2015. È una distopia popolata da ragazzini che si aggirano in una Sicilia post-apocalittica, in cui non ci sono adulti perché sono tutti morti a causa di un virus.

Ebbene sì, è proprio uno di quei romanzi figli di Il Signore delle Mosche, in cui teneri bambini diventano delle bestie assetate di sangue nel giro di poche settimane di assenza di parenti adulti. Tuttavia, al contrario dell’opera di Golding, questo libro possiede un’immediatezza che lo rende molto più divertente ed affascinante

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Infinite Jest: Ken Erdedy

Ken Erdedy è uno dei miei personaggi preferiti di Infinite Jest. È solo una comparsa, insieme a molti altri. Anzi, si tratta del primo personaggio secondario che ho incontrato, il primo collegato al centro di riabilitazione Ennet House.

Ken Erdedy è uno dei tanti personaggi secondari di Infinite Jest che viene caratterizzato come un protagonista

La cosa divertente relativa ad Erdedy è che dopo essere apparso nel secondo capitolo del libro scompare per duecento pagine. E il suo ruolo nella storia è pressoché nullo. Non è però l’unico: decine di altre comparse subiscono lo stesso destino in Infinite Jest.

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