State tranquille e tranquilli [eventuali lettrici o lettori]. Questo non è un articolo in cui spiego perché leggere fa bene/è bello/serve. Si tratta piuttosto di una domanda che con un po’ di inquietudine mi faccio dopo aver finito di leggere l’ultimo libro che avevo sul comodino.
Ancora più nello specifico, perché tra settembre e gennaio ho pressoché smesso di leggere per “svago”? Ne avrò iniziati una ventina, provando a saltare tra forme e generi diversi, senza riuscire a superare le venti pagine.
Nuova Poesia Americana vol. 2, Tristram Shandy, L’Arcobaleno della Gravità, Moby Dick , La mano sinistra delle tenebre e molti altri. Niente da fare. A nessuno di questi sono sopravvissuto.
C’è da dire che, dovendo studiare per lavoro, sono abituato ad avere il cervello blindato di fronte alla parola scritta dopo una giornata passata a leggere dei paper. È un ciclo: lo sai e non stai a chiederti perché. Confidi nel fatto che tra qualche settimana/mese la fame di libri ritorni ad aggredirti.
Sparire nei libri
Eppure questa volta è un po’ diverso, perché tra febbraio e agosto del 2020 ho iniziato a leggere con una voracità che non avevo mai avuto. E ora che ci ripenso mi sono accorto che forse è stato il modo in cui sono sopravvissuto al lockdown. Sparire nei libri anziché cercare di stare a contatto con quello che stavo provando. Niente di sbagliato in termini assoluti: ognuno trova la sua strategia di sopravvivenza. Tuttavia, qual è il limite prima che ciò diventi dannoso? Perché se alle cose del mondo preferisci i mondi della letteratura finisci per costruirti attorno un recinto sempre più alto.
Leggere non è una performance
L’altro problema è proprio il blog. Sono contento che esista e che, soprattutto, sia sopravvissuto al primo anno di vita. Diverse volte, però, mi sono scoperto in cerca del paragrafo più giusto da riportare sul sito, come se leggere fosse un’attività nel contesto di un progetto editoriale. Se il primo problema mi ha allontanato dal mondo, questa ricerca della citazione perduta mi ha fatto perdere il senso. Perché leggere diventava una performance.
Quindi probabilmente un senso di nausea ha cominciato ad allargarsi fino a produrre il blocco, che ora spero sia finito (presto scriverò in modo diffuso dell’ultimo romanzo letto), ma che spero mi abbia insegnato qualcosa.
In altre parole, tutto questo diluvio di parole per dire (a me stesso e poi a voi) che abbandonare Cose Che Si Leggono per un po’ di tempo è stata una cosa sana. D’altronde è soprattutto gioco e i giochi che diventano seri smettono di divertire.