Haruki Murakami scrive delle scene di sesso molto belle. Eppure dice che non vorrebbe farlo a causa della sua timidezza
Sono molto timido: mi vergogno molto mentre scrivo quelle scene. Ma devo farlo. Il sesso è la via maestra per passare dall’altra parte. Il rapporto sessuale ha qualcosa di spirituale. Apre una porta simbolica. L’amore però è molto più bello del sesso. Io scrivo favole per adulti. Tutti vogliamo credere nella forza dell’amore. E a quella del dolore. Nella realtà non si prova l’uno senza l’altro. Ma quando leggi un libro improvvisamente pensi che quello che stai leggendo può succedere davvero. E proprio a te.
L’Espresso
Immedesimazione. Che per quanto mi riguarda si traduce in un sentimento di nostalgia per le vite degli altri. Ragazzini; personaggi di fantasia che stanno sulla soglia del mondo dei grandi. E il sesso è un primo passo in quella nuova vita. Ecco due estratti, rispettivamente da Kafka sulla Spiaggia e Norwegian Wood.
Kafka sulla spiaggia: Sakura ospita Tamura a casa sua
— Non riesci a dormire? — mi chiede Sakura, a bassa voce nell’oscurità.
Rispondo che no, non ci riesco.
— Anch’io non riesco ad addormentarmi. Perché ho preso quel caffè? Non so come mi è venuto in mente.
Accende la luce, guarda l’ora, spegne di nuovo.
— Senti, non voglio che tu mi fraintenda, — dice. — Ma se ti va puoi venire qui. Dormiamo insieme. Visto che anch’io non riesco a prendere sonno.
Esco dal sacco a pelo e mi infilo nel suo futon. Io sono in boxer e T-shirt. Lei ha un pigiama rosa pallido.
— Sentimi bene, io a Tōkyō ho un ragazzo. Non è l’uomo della mia vita, ma stiamo insieme. Quindi non faccio sesso con altri. Per quanto forse non possa sembrare, in queste cose io sono piuttosto seria. Diciamo all’antica. Un tempo no, ho fatto anch’io i miei casini, ma ora non più. Ho messo la testa a posto. Quindi non farti strane idee. Dormiamo come fratello e sorella, d’accordo?
D’accordo, rispondo.
Mi passa un braccio attorno alle spalle, stringendomi un po’ a sé, e appoggia la guancia contro la mia fronte.
— Poverino, — dice.
Inutile dirlo, ho un’erezione. Molto forte. E a causa della posizione è impossibile che non le sfiori la coscia.
— Cavolo, — dice lei.
— Non lo faccio apposta, — mi scuso. — È più forte di me.
— Lo capisco, — dice. — Capisco il problema. È una cosa che non puoi controllare.
Nel buio, annuisco.
La sento esitare, ma alla fine mi abbassa con la mano i boxer, tira fuori il mio pene duro come una roccia e lo stringe dolcemente. Come se controllasse qualcosa. Come un medico che misura il polso. Sento il tocco della sua mano morbida che avvolge il mio pene, lieve come un pensiero.
— Quanti anni ha tua sorella?
— Ventuno, — rispondo. — Ha sei anni più di me. Dopo aver pensato qualche istante, chiede:
— Vorresti incontrarla?
— Forse, — dico.
— Forse? — La sua mano stringe un po’ più forte il mio pene. — Perché dici forse? Non hai tanta voglia di vederla?
— Se ci incontrassimo, non saprei cosa dirle, e poi può darsi che lei non abbia voglia di vedere me. Lo stesso vale per mia madre. Per quanto ne so io, nessuno ha voglia di vedermi, nessuno mi cerca. Del resto, se ne sono andate, no? — Senza portare me, penso.
Lei resta in silenzio, ma continua a tenere stretto il mio pene, aumentando e diminuendo ogni tanto la presa. In risposta al suo movimento, il pene si rilassa un po’, o diventa ancora più duro.
— Vorresti venire, vero? — mi chiede.
— Forse.
— Forse?
— Molto, — mi correggo.
Fa un leggero sospiro, quindi comincia a muovere la mano. È una sensazione stupenda. Non è solo un movimento in su e in giù. È qualcosa di molto più completo. Le sue dita toccano e accarezzano pene e testicoli in ogni punto, con dolcezza e attenzione. Chiudo gli occhi, e faccio un respiro profondo.
— Tu non devi toccarmi, eh. E quando senti che stai per venire, mi raccomando, avvertimi subito. Se sporchi le lenzuola poi è un casino.
— Va bene.
— Allora che ne dici? Sono brava, vero?
— Bravissima.
— Come ti dicevo prima, ho di natura una grande abilità manuale. Quello che sto facendo però non c’entra col sesso. Voglio solo aiutarti a stare meglio. Oggi hai avuto una giornata pesante, sei nervoso, e in questo stato non ce la faresti a dormire. È chiaro?
[…] comincio a sentire un certo languore all’inguine. La sensazione di quando sta per affiorare una grande quantità di liquido denso. Glielo dico; lei prende dei fazzoletti di carta dal comodino e mi fa eiaculare. Schizzo molto, e a più riprese. Dopo qualche istante, lei va in cucina, butta i fazzoletti e si lava le mani.
— Scusa, — dico.
— Figurati, — dice lei, tornando sotto il futon. — Non è il caso di scusarti. Non devi sentirti in imbarazzo, è solo una parte del tuo corpo. Piuttosto, ti senti un po’ meglio?
— Sì, molto meglio.
Norwegian Wood: Tōru Watanabe va a trovare Naoko nella clinica psichiatrica
Ci sedemmo sull’erba secca di quella radura e ci abbracciammo. Fummo completamente sepolti dall’erba e non vedevamo altro che il cielo e le nuvole. Con dolcezza feci stendere sull’erba Naoko e la strinsi. Il suo corpo era caldo e morbido e le sue mani mi cercavano. Ci baciammo con trasporto.
– Watanabe? – mi sussurrò Naoko all’orecchio.
– Sí?
– Vorresti fare l’amore con me?
– Naturalmente, – dissi.
– Ma puoi aspettare?
– Naturalmente posso aspettare.
– Prima vorrei cercare di mettere un po’ di ordine dentro di me. E se riesco in questo, forse riuscirò a diventare una compagna piú adatta per te. Puoi aspettare fino ad allora?
– Naturalmente.
– Adesso ce l’hai duro?
– Cosa? Il callo sotto il piede?
– Scemo, – disse Naoko ridendo.
– Se vuoi sapere se ho un’erezione la risposta è sì, naturalmente.
– Pensi che puoi anche finirla con tutti questi «naturalmente»?
– Va bene, non lo dico più.
– È doloroso?
– Cosa?
– Averlo duro.
– Doloroso? – ripetei.
– Voglio dire… è difficile da sopportare?
– Hmm… dipende dal punto di vista.
– Vuoi che ti faccia venire?
– Con la mano?
– Sí, – disse Naoko. – Senti, già da un po’ mi preme contro, mi fa un po’ male.
Mi spostai un pochino.
– Cosí va bene? – dissi.
– Sí, grazie.
– Senti, Naoko… – dissi.
– Sí?
– Sí, vorrei che lo facessi.
– Va bene, – disse lei sorridendo. Poi abbassò la lampo dei miei pantaloni e strinse nella mano il mio pene eretto.
– È caldo, – disse Naoko.
Fermai la mano di Naoko che cominciava a muoversi, sbottonai la sua maglia, passai le mani dietro la sua schiena e le sganciai il reggiseno. Poi baciai dolcemente i suoi seni morbidi e rosei. Naoko chiuse gli occhi e le sue dita cominciarono a muoversi piano piano.
– Ci sai fare, sai? – dissi.
– Su, da bravo, stai zitto, – disse Naoko.
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