Un dialogo della buonanotte in Underworld

Un dialogo di Underworld tra Nick e sua moglie Marion, che avviene mentre i due sono nel letto e si stanno per addormentare

Tra le tante cose in cui DeLillo è un dio della letteratura c’è la capacità di far parlare i propri personaggi in modo merviglioso. Questo dialogo, per esempio avviene tra Nick Shay, protagonista di Underworld, e la moglie Marian. I due coniugi, reduci da una giornata molto stancante cominciata con un volo in mongolfiera, si scambiano i pensieri prima di addormentarsi.

È una situazione capitata anche a voi, probabilmente, quella di parlare con qualcuno quando si è molto stanchi, senza riuscire a seguire un filo del ragionamento. Ecco, il dialogo di Underworld che state per leggere riproduce magistralmente una situazione di questo genere.

Un dialogo tra il protagonista di Underworld e sua moglie

La conversazione di Nick e Marian è asincrona. Quando un personaggio parla, l’altro risponde riferendosi a un’altra situazione oppure rispondendo a qualcosa citato molto prima dal partner.

– Che giornata lunga.

– Che viaggio lungo. Che scarrozzata, ragazzi, – dissi. – Mi ha ucciso.

– Il giorno più lungo della mia vita?

– Il viaggio è stato una vera sevizia. Dio, come odio quei camion!

– Sì, anch’io risento del viaggio. Ma è stato meraviglioso, tutto quanto.

– Meraviglioso un corno. È stato meraviglioso perché tu hai dormito.

Girò una pagina.

– Hai notato come si danno sulla voce, finendosi le frasi a vicenda?

– Io ho guidato, tu hai dormito.

– Lei dice, ta-ta. E lui fa, tattara-ta.

– Non è il peggio che possa capitare. Cioè, lo fanno persino gli estranei. C’è sempre qualcuno che lo fa a qualcun altro.

– E poi non ho dormito. Mi sono assopita per dieci minuti.

– È l’unico modo per finire certe frasi.

– Hanno mangiato il contorno di mais.

– Ti credo che l’hanno mangiato. Il contorno di mais era delizioso.

– A proposito di mappe, mi piacerebbe trovare qualche vecchia mappa. Odio le nostre mappe.

– Guarda qui. Il giorno dell’Apocalisse si sta avvicinando. Il ventotto di ottobre. Dicono la data esatta.

– Sì, l’ho letto.

– Il marchio della bestia. L’hai letta questa? È sul codice universale dei prodotti. Di ogni prodotto.

– Esatto. Su ogni scatola di Jell-O che passa attraverso lo scanner.

– Avrò una delle mie notti.

– Cioè?

– Una di quelle notti.

– Ovvero?

– Insomma, ho quell’agitazione per cui so già che non dormirò. È saperlo che mi frega. Non è la stanchezza. Perché in effetti sono molto stanca.

– Irrequieta.

– No, è una cosa tipo che sono stanca ma non ho sonno. Sei sei sei. Allora il supermercato è un posto inquietante.

– Questo lo abbiamo sempre saputo.

Spensi la mia lampada e guardai il soffitto di un caldo color crema con le mani dietro la testa.

– Ha un corpo fantastico per, quanti figli ha, Alison? Quattro? -dissi.

– Come dire che io sarei fantastica la metà o il doppio. Ma non approfondiamo. È passato quel come-si-chiama Terry. Quello ben piantato.

– Sono anni che non guardo una mappa vera. È una cosa alla Robert Louis Stevenson, studiare una mappa. Noi abbiamo cartine di autostrade e motel. Le nostre cartine hanno punti di ristoro e simboli di sedie a rotelle.

– Dai, dimmi come si chiama.

– Per cosa, per il rubinetto?

– L’altro ieri o ieri. Oggi è stata una giornata talmente lunga che non lo so più. No, la testina della doccia.

– Che cavolo aveva la testina della doccia? Le nostre cartine segnalano le case del pancake.

– Quel come-si-chiama, quello con il camioncino arancione.

– Di quale doccia stiamo parlando?

– Terry, giusto?

Don DeLillo, Underworld, Einaudi

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