Gli amanti dei ragni, probabilmente cresciuti a pane e Aragog, non hanno mai visto Aracnofobia quand’erano piccoli oppure non hanno mai letto The Mist di Stephen King (ed. Pickwick).
In particolare nel “racconto” dello scrittore americano, uscito per la prima volta in una raccolta chiamata Scheletri ma ora è anche venduto a parte, c’è una scena che mette i brividi.
Per chi non conoscesse il soggetto di The Mist: un giorno una coltre di nebbia ricopre interamente una cittadina statunitense. Al suo interno ci sono mostri di vario tipo che uccidono chiunque si trovi in uno spazio aperto. Il protagonista rimane incastrato dentro un supermercato insieme al figlio e altre persone e, ad un certo punto, decide di provare a raggiungere la farmacia dall’altra parte del parcheggio.
Inutile dire che non è una buona idea, come potete leggere in questo estratto dal libro
P.s.: Stephen King non solo è un autore geniale, ma ci fa anche capire che le parole scritte riescono ancora a prendere a schiaffi l’audio-visivo quando si impegnano. Al fondo trovate il pezzo di film corrispondente alla lettura.
Stephen King, The Mist: i ragni in farmacia
[…] Allora qualcosa uscì di scatto dalla nebbia. Era impossibile vederlo contro quello sfondo bianco, ma riuscii a sentirlo. Era come una frustata data distrattamente. E potei vederlo quando si avvolse alla gamba dei jeans di Buddy Eagleton.
Lui gridò e si afferrò alla prima cosa che gli venne sottomano, che poi era il telefono. Il microfono cadde per tutta la lunghezza del cavo e poi cominciò a oscillare avanti e indietro. «Oh, Cristo che MALE», urlò Buddy.
Ollie si slanciò verso di lui e io vidi che cosa stava succedendo. Nello stesso istante capii perché la testa dell’uomo sulla soglia mancava. Il sottile cavo bianco che si era avvolto alla gamba di Buddy come un filo di seta gli si stava affondando nella carne. La gamba dei jeans era stata tagliata di netto e scivolava verso terra. Un’incisione precisa, circolare, nella carne, faceva uscire il sangue a mano a mano che il cavo andava più in profondità.
Ollie lo tirò con forza. Ci fu un rumore di qualcosa che si spezzava e Buddy fu libero. Le labbra gli erano diventate blu per la paura.
Mike e Dan stavano arrivando anche loro, ma troppo lentamente. Allora Dan finì contro diversi di quei fili pendenti e rimase impigliato, esattamente come un insetto sulla carta moschicida. Si liberò con uno scatto violento, lasciando un brandello della camicia appeso alla ragnatela.
Improvvisamente l’aria si riempì di quei rumori di languide frustate e i sottili cavi bianchi presero a girarci tutti attorno. Erano ricoperti della stessa sostanza corrosiva. Ne scansai due, più per fortuna che per bravura. Uno cadde ai miei piedi e sentii il debole sibilo dell’asfalto che friggeva. Un altro venne fuori dall’aria e la signora Reppler con calma lo colpì con la racchetta da tennis. Il filo vi si avvinghiò e sentii un acuto twing! twing! twing! mentre il liquido corrosivo si mangiava le corde della racchetta facendole scattare. Il rumore era quello di qualcuno che pizzicasse rapidamente le corde di un violino. Un momento dopo un filo si avvolse attorno alla parte superiore del manico e la racchetta fu tirata di scatto nella nebbia.
«Torniamo indietro!» gridò Ollie.
Ci muovemmo. Ollie sosteneva con un braccio Buddy. Dan Miller e Mike Hatlen erano ai due lati della signora Reppler. I bianchi fili della ragnatela continuavano a venir fuori dalla nebbia, impossibili a vedersi a meno che l’occhio non li cogliesse contro lo sfondo rosso del muro.
Uno di loro si strinse attorno al braccio di Mike Hatlen. Un altro gli si avvolse attorno al collo in una serie di rapide spire. La giugulare gli partì esplodendo a schizzi e lui fu trascinato via, con la testa ciondoloni. Perse una scarpa, che rimase lì su un fianco.
Buddy improvvisamente si accasciò in avanti, quasi trascinando Ollie in ginocchio. «È svenuto, David. Aiutami.»
Afferrai Buddy per la vita e lo tirammo avanti goffamente, barcollando. Anche privo di sensi, Buddy non mollava la presa sulla sua sbarra di acciaio. La gamba attorno a cui era stretto il pezzo di ragnatela pendeva dal suo corpo a un angolo spaventoso.
La signora Reppler si era girata. «Attenzione!» urlò con la sua voce roca. «Attenzione dietro di voi!»
Mentre facevo per girarmi, uno dei fili di ragnatela si calò sulla cima della testa di Dan Miller. Immediatamente vi portò le mani, cercando di strapparlo.
Uno dei ragni era venuto fuori dalla nebbia dietro di noi. Era grande come un grosso cane. Era nero e giallo. Aveva gli occhi rossoviolacei, come delle melagrane. Veniva veloce verso di noi su qualcosa come dodici o quattordici zampe piene di articolazioni – non era come un normale ragno terrestre ingrandito alle dimensioni di un film dell’orrore; era qualcosa di completamente diverso, forse neppure un ragno. Vedendolo, Mike Hatlen avrebbe capito che cos’era quella cosa nera ispida che aveva toccato con il piede nella farmacia.
Si avvicinò a noi, filando la sua tela da un orifizio ovale sulla parte superiore del ventre. I fili fluttuavano verso di noi in quella che era quasi una forma a ventaglio. Guardando questo incubo, così simile ai ragni neri incombenti sulle loro mosche morte nell’ombra della nostra rimessa per le barche, mi accorsi che la mia mente stava cercando di strappare completamente gli ormeggi. Oggi sono convinto che fu solo il pensiero di Billy a permettermi di conservare una sembianza di sanità mentale. Emettevo dei suoni. Risate. Urla. Pianti. Non lo so.
Stephen King, The Mist
La scena dei ragni in farmacia, tratta dal film The Mist
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