Ifem, lo sai che in America potrai avere tutti i vestiti che vuoi e la prossima volta che ci vediamo sarai un’autentica americanah.
Chimamanda Ngozi Adichie, Americanah
Non sempre è facile trovare il libro giusto, soprattutto quando si finisce un capolavoro. Negli ultimi 365 giorni me ne sono capitati almeno due: Infinite Jest di Wallace e 2666 di Bonaño. Entrambi meravigliosi ed estenuanti allo stesso tempo, per come centrifugano via il lettore e lo prendono in giro. Ma il più grande problema riguarda il dopo, perché finendo romanzi di questo tipo, per molte settimane è difficile trovare qualcosa di ugualmente avvincente e impegnativo.
Ho terminato 2666 a inizio aprile (cinque libri per un totale di più di novecento pagine) e, da allora, ho vagato tra diverse opere: alcune di queste mi sono piaciute appena e giacciono sul comodino a prendere polvere, per altre invece mi sono reso conto che questo non è il momento.
Ecco tutti i fallimenti degli ultimi giorni più uno spiraglio: Americanah di Chimamanda Ngozi Adichie
Luther Blissett, Q
Q, del collettivo di scrittori Luther Blissett (che oggi si chiama Wu Ming), è un romanzo storico ambientato durante la Riforma Protestante. In breve la storia è incentrata su due persone, un inquisitore che nelle sue lettere si firma Q e il protagonista, che cerca di scappare da lui.
Mi sono fermato dopo quasi un centinaio di pagine nelle quali il protagonista, di cui non si sa ancora il nome, attraversa la Germania dopo che il suo leader spirituale, Thomas Muntzer, viene catturato nella città di Frankenhausen e giustiziato. Il lavoro di ricostruzione storica è davvero fatto bene, ma lo stile non mi piace. Sembra che gli autori scrivano solo per farsi dire dal lettore quanto sono bravi.
Frank Herbert, Dune
Dune è uno dei pilastri su cui si appoggia la letteratura fantascientifica. Poiché sta per uscire la nuova versione cinematografica di Jacques Villeneuve (uno che fa solo film belli), ho deciso di colmare questa lacuna.
Immaginate il Medioevo, ma nel futuro, nel senso che i pianeti sono dei feudi e ci sono famiglie che si scannano tra di loro per avere più ricchezze e più potere (o per delle rivalità che affondano le proprie radici nei secoli).
Una di queste famiglie, gli Atreides (sì, è il patronimico di Agamennone e Menelao), riceve in feudo il pianeta di Arrakis, completamente desertico, ma unico luogo dell’universo dove nasce una spezia che rende immortali. Ad attenderli c’è una famiglia rivale, gli Harkonnen, che è pronta a scatenare una guerra contro di loro.
Ho letto circa il 20% di questo romanzo (così dice il mio kindle) e mi stava piacendo molto, ma ho deciso di fermarmi perché non avevo abbastanza concentrazione: troppi nomi e riferimenti storici, scientifici e geografici con cui prendere confidenza. Ci tornerò sopra in un altro momento.
Freeman’s, Lettori dal futuro
Freeman’s una rivista americana che parla di letteratura contemporanea. In questo numero il suo curatore, Freeman, raccoglie racconti e poesie di scrittori molto promettenti e che in futuro potrebbero diventare i nuovi classici della letteratura. Lo sto leggendo con lo stesso approccio con cui una persona capace di autocontrollo attinge a un cesto di fragole: un racconto per volta, con calma.
Mi sono fermato dopo Materiali di prima scelta di Sayaka Murata. Questa breve storia è ambientata in un futuro in cui quando le persone muoiono le loro parti del corpo vengono riutilizzate per realizzare degli oggetti. Per esempio, orecchini con i denti o cardigan con i capelli. I protagonisti, un uomo e una donna che stanno per sposarsi, litigano su questa usanza. Per lei è un modo per onorare i defunti, per lui un qualcosa di orribile. Uno dei due arriverà a cambiare idea.
Scrittura brillante, pulita (come solo i giapponesi sanno fare), idea affascinante e terribile. Mi sono dovuto fermare per prendere fiato.
Chimamanda Ngozi Adichie, Americanah
Finirò Americanah in una manciata di giorni perché ho trovato subito il ritmo giusto. La storia parla di Ifemelu, una giovane ragazza nigeriana emigrata negli Stati Uniti che decide di tornare a casa.
In questo romanzo non è tanto il cosa, ma il come a essere importante. Leggerlo è come mettere degli occhiali deformanti che permettono di guardare il mondo dal punto di vista di una donna di colore vissuta in un paese completamente diverso rispetto al nostro. Inoltre, ho scoperto che esiste una sorta di discriminazione anche tra afroamericani (le persone di colore che sono nate negli USA) e africani immigrati.