Non sto a spiegarvi chi sia John Freeman’s per due motivi. Il primo (meno importante, razionale) è che non ho ancora studiato la sua biografia, ma è una delle cose che mi sono ripromesso per il futuro prossimo. Il secondo (più importante, esistenziale) è sembra un big jim del Midwest, ma quando parla ti mette al tappeto con la sua sensibilità. In questo articolo voglio semplicemente parlarvi di un numero della sua rivista, che si chiama Freeman’s – potere.
Io ho un problema enorme: tendo a semplificare molto le cose. Quando penso al potere mi viene in mente quasi esclusivamente la politica. Invece, dopo aver letto Freeman’s – potere, la semantica di questa parola mi è esplosa tra i neuroni. Infatti, le 207 pagine di questa monografia sono un caleidoscopio di racconti, saggi, riflessioni attorno a questo concetto. In questo modo, la parola potere “ingrassa”, inglobando una moltitudine di declinazioni: le donne, la natura, gli sguardi, la malattia mentale, il maltrattamento.
Tolta Margaret Atwood, non conoscevo nessuno dei 26 autori presenti in questa raccolta. Alcuni sono già affermati, altri giovanissimi: tutti i loro racconti o poesie mi sono sembrati fondamentali per capire un po’ meglio la Storia in cui sto vivendo. Ho scelto per voi tre frammenti, che parlano di donne, natura e suicidi. Vi consiglio però di procurarvi la rivista e di non tralasciare neanche un paragrafo.
Aminatta Forna, Camminare
Da bambina mi avevano insegnato a ignorare i cani aggressivi, a continuare a camminare. Non appena sei fuori dal suo territorio il cane ti lascia in pace, o così dice la saggezza popolare, e per lo più è vero. La stessa cosa vale in teoria anche per gli uomini, peccato che in pratica non sia così. Ti vengono dietro per strada, ti seguono con la macchina. Se dici loro di lasciarti in pace ti danno della stronza e ti chiedono chi cazzo pensi di essere. Qualunque incontro, per quanto apparentemente innocuo, racchiude in sé una potenziale violenza. Quando finisce – sei entrata in un negozio, o in una stazione della metropolitana – hai il respiro affannato e il cuore che ti batte all’impazzata. Perché gli uomini si comportano in questo modo?
Freeman’s, potere, p. 56.
Barry Lopez, Quattordici declinazioni di potere.
Siamo a centosessantuno miglia dal Polo Sud. Meno ventidue gradi fuori. La temperatura percepita è di meno quaranta, ed è il quarto giorno che va avanti così. Passiamo il tempo a leggere, preparare la cena, giocare a pinnacolo. Dobbiamo aggrapparci a una fune per arrivare alle latrine. Questo vento catabatico è il motivo per cui dobbiamo ancorare la tenda così attentamente, seppellendone i lunghi orli sotto mezzo metro di neve. È anche il motivo per cui usciamo fuori dalla tenda a ricaricare il fornelletto. […] Una fiamma che balza su una parete della tenda, con questo vento, distruggerebbe il nostro unico riparo nel giro di un secondo. Questo vento è la causa del dolore che sentiamo nelle orecchie. È l’unico vero predatore nell’altopiano artico. Non dorme per giorni.
Freeman’s, potere, p. 111
Nicole Im, Di squali e suicidi
1. Morì dopo appena tre giorni. L’esemplare di grande squalo bianco lungo tre metri e mezzo era stato catturato al largo delle coste giapponesi e trasferito nell’Acquario Churaumi di Okinawa il 5 gennaio del 2016. I suoi giorni in cattività li passò rifiutando il cibo e scagliandosi contro le pareti dell’acquario. Il terzo giorno scivolò esanime sul fondale della vasca, e il personale in servizio non fu in grado di rianimarlo. […]
4. «Ti teniamo qui per il tuo bene» mi disse l’infermiera. «Avanti, ti mostro dove dormirai». […] Mi sedetti in fondo al letto indicatomi dall’infermiera e fissai i corpi in letargo attorno a me. Notai che sopra ogni letto c’era un poster fatto a mano con su scritto il nome del paziente, tratteggiato a pennarello e decorato con adesivi. «JOANIE», «DAKOTA», «CELESTE». Mi voltai all’improvviso, sollevata nel vedere il muro bianco sopra la mia testa. Dovevo andarmene da lì, prima che qualcuno decidesse che anche io dovevo scrivere il mio nome su un poster. Non volevo assolutamente appartenere a quel luogo.
«Questa è la tua nuova casa» mi immaginavo che un membro del personale dell’acquario avesse detto al grande squalo bianco, rovesciandogli un secchio di calamari nella vasca. «Finirai per affezionartici».
Freeman’s, potere, pp. 93,96